Venerdì mattina ci siamo alzati con più calma, le visite fuori Tokyo erano oramai finite, e per gli ultimi giorni di permanenza nella capitale nipponica avevamo in progetto di concentrarci nel visitare quelle parti della città ove non eravamo ancora stati, vogliosi di fare un ultimo bagno di modernità prima di immergerci nel “Giappone antico”. Tappa obbligatoria per chiunque faccia un viaggio a Tokyo, nostra meta in quella bella mattinata era il Museo d’Arte Ghibli (三鷹の森ジブリ美術館, Mitaka no mori Jiburi bijutsukan, Museo d'arte Ghibli, bosco di Mitaka), un museo aperto al pubblico nel 2001, vera e propria istituzione per tutti gli amanti di Hayao Miyazaki, dei suoi capolavori e dello Studio Ghibli, solitamente molto apprezzato anche da chi di anime e cartoni animati non è appassionato.
Dalla stazione di Shinjuku abbiamo preso la Chūō Line (中央本線, Chūō-honsen), in direzione di Mitaka (三鷹市, Mitaka-shi), una città conurbata in Tokyo, per scendere all’omonima stazione. Il costo del biglietto solo andata è di circa 380 yen (dipende comunque da dove partite), ma se come noi avete il JR Pass la corsa è compresa. Una volta arrivati alla stazione di Mitaka abbiamo preso la South Exit e, girati a sinistra, abbiamo seguito le indicazioni per circa 20 minuti fino all’ingresso del museo. In alternativa si può prendere un pittoresco autobus (200 yen solo andata) che in pochi minuti vi porta al museo, ma il consiglio è quello di farsi la passeggiata, lasciandovi guidare dalle buffe indicazioni in stile “Ghibli” presenti a bordo strada e lungo il marciapiede.
Una volta giunti alla meta, col nostro biglietto in mano, abbiamo atteso in coda il nostro turno. Ricordo ancora quanta emozione quando sono entrato, quando hanno convertito il mio biglietto con un altro composto da un fotogramma di uno dei film di Miyazaki, quando hanno aperto le porte di quel fantastico mondo ed ho potuto coronare un sogno a lungo desiderato.
Facciamo però un piccolo passo indietro per darvi qualche dettaglio non di poco conto. L’entrata giornaliera al Museo Ghibli è consentita ad un massimo di 2400 persone, motivo per cui è obbligatoria la prenotazione. Come avevamo già anticipato in un altro articolo è possibile prenotare il biglietto presso il terminale LOPPI all’interno di un Lawson, catena di conbini (コンビニ, abbreviazione alla giapponese di convenience store), visto che ce ne sono molti in città, o in alternativa direttamente all’estero, Italia compresa, presso alcuni siti accreditati elencati sul sito del museo.
Il mercoledì precedente, prima di rientrare in stanza ci eravamo fermati come al solito al Lawson sotto l’hotel e abbiamo approfittato dell’occasione per prenotare i nostri biglietti. Il terminale del LOPPI, era (ed è) purtroppo solo in giapponese, ma sfruttando l’estrema gentilezza della commessa nel giro di un paio di minuti siamo entrati in possesso dei voucher da dover presentare all’entrata del Ghibli, al prezzo di 1000 yen l’uno. Nel prenotare dovrete scegliere il giorno in cui visiterete il museo e l’orario: le entrate sono previste esclusivamente alle ore 10, 12, 14 e 16. Inizialmente la nostra intenzione era quella di andare il sabato mattina, ma essendo già tutto esaurito abbiamo optato (volenti nolenti) per il venerdì alle ore 10, visto che c’erano ancora posti liberi. Quindi, se pensate di fare come noi e utilizzare questo metodo, il consiglio è quello di prendervi per tempo onde evitare spiacevoli sorprese.
Vi riporto un ultimo piccolo, simpatico, ma utile particolare. Nel riservare i voucher è necessario inserire il nominativo di chi effettua l’acquisto: la commessa, quindi, dopo avermelo gentilmente chiesto, ha “inserito”, spezzando e storpiando, quel che per lei doveva essere il mio cognome, digitando alcuni katakana. In aggiunta va indicato un numero di telefono, ma dopo aver provato ad inserire un nostro cellulare senza alcuna fortuna, la ragazza ha tagliato corto inserendo per noi il numero di telefono del Lawson.
Una volta entrati, contrariamente a tutti i musei giapponesi, quello Ghibli non ha un senso di visita: come scritto nel depliant, ognuno è libero di girovagare per le stanze senza seguire un ordine precostituito, toccando tutto il possibile e giocando con le attrazioni messe a disposizione. Purtroppo non ho potuto fare foto perché all''interno è proibito, ma siamo riusciti a scattarne qualcuna all’esterno, poiché lì è consentito. Il museo, composto da una struttura situata in mezzo a un giardino alberato e in parte ricoperta dal giardino stesso, è stato costruito a partire dal marzo 1999 sulla base di alcuni disegni di Hayao Miyazaki e aprì ufficialmente al pubblico il 1° ottobre 2001. L’interno lo si potrebbe definire come un blocco a torre di tre piani, cavo al centro con le varie stanze poste ai lati. Ogni parete, ogni soffitto, e comunque ogni cosa all’interno delle varie stanze, è curato nei minimi particolari e riporta immagini, raffigurazioni o sculture riconducibili a qualche film dello Studio Ghibli. Una volta entrati si capisce subito che il luogo è stato progettato pensando sopratutto ad un pubblico di bambini, ma anche gli adulti possono trovarsi a loro agio all’interno. Oltre a visitare le tre o quattro stanze adibite a ricostruzione degli uffici del maestro Hayao Miyazaki e degli altri collaboratori dello studio d’animazione, abbiamo ammirato la mostra non permanente dedicata a “Ponyo sulla scogliera” (崖の上のポニョ , Gake no ue no Ponyo), ultima opera del maestro, in esposizione ancora per tutto il 2010. Nella sala cinema (il Teatro Saturno) abbiamo assistito alla proiezione di un corto realizzato in esclusiva per il museo nel 2006: Hoshi o Katta Hi (星をかった日, letteralmente “Il giorno in cui (io) ho raccolto un pianeta”). Ovviamente era in giapponese, ma anche se non abbiamo capito molto, non c’era problema: le opere del Maestro mantengono lo stesso un certo fascino. Saliti sul terrazzo abbiamo scattato le foto di rito accanto al “Robot Guardiano” e al “Cubo del Comando” dell’anime “Laputa: castello nel cielo (天空の城ラピュタ, Tenkū no shiro Rapyuta)”, dedicando poi il resto del tempo a fare shopping presso lo store interno al museo: il “Mamma Aiuto!”. Il nome calza a pennello, vista la quantità di soldi che si potrebbero spendere all’interno, ma un ricordo deve essere portato a casa, ad ogni costo! Le due ore a disposizione sono volate e devo confessare che ci siamo fermati ben oltre il limite, senza però alcun problema: una volta dentro non vi possono certo buttare fuori.
Nel complesso ho vissuto sentimenti contrastanti nel visitare questa struttura.
Come “museo” sono rimasto un po’ deluso, poiché mi aspettavo qualcosa di più. Mancano all’interno riferimenti ad alcune opere come “Lupin III” (ルパン三世, Rupan Sansei) , “Conan il ragazzo del futuro” (未来少年コナン, Mirai shōnen Konan) e molti altri capolavori dello Studio, lasciando fin troppo spazio a “Il mio vicino Totoro” (となりのトトロ, Tonari no Totoro), come l’enorme GattoBus sul quale gli under 12 possono salire e scendere a loro piacimento. Tutto sommato assomiglia più ad un parco divertimenti, tra l’altro orientato verso un pubblico piuttosto giovane. Tuttavia la capacità che ha di calamitare lo spettatore trasportandolo in un mondo di fantasia fa volare le ore e fa tornare piccoli sentendosi parte dell’immenso gioco, così fortemente voluto dal maestro Miyazaki. Sono certo che in una prossima vacanza a Tokyo non mancherò di fare nuovamente visita a questo splendido luogo.
Il pomeriggio lo abbiamo dedicato a visitare il quartiere di Shibuya (渋谷区, Shibuya-ku), dove si possono trovare le ultime novità di moda, cibo, musica e gadget. Fin dagli anni Trenta, quando iniziarono a comparire le svettanti facciate dei grattacieli Shibuya era la sakariba (città dei divertimenti) per i giovani di Tokyo. La zona, situata tra la parte nord-ovest della stazione Shibuya e il sud del Parco Yoyogi, presenta diverse boutique alla moda, grandi magazzini e negozi di musica, oltre a due interessanti musei e il centro culturale Bunkamura. Usciti dalla stazione, dopo una breve visita alla Statua di Hachiko, punto di incontro popolare di Tokyo, abbiamo superato il Shibuya Cross per addentrarci nelle vie della Center Gai, cuore del divertimento giovanile di Tokyo, zona ricca di negozi, sale di pachinko, ristoranti e bar con karaoke frequentati da adolescenti. Persi fra le luci e l’ordinata confusione di volti e figure che affollavano le vie del quartiere abbiamo visitato lo Shibuya 109 (Ichi-maru-kyū), centro-moda immensamente popolare fra le adolescenti, al cui interno vi sono molti negozi di abbigliamento oltre a vari ristoranti. Passeggiando abbiamo poi raggiunto lo Humax uno dei più divertenti edifici della zona, simile ad un razzo dei cartoni animanti, e il Tokyu Hands (東急ハンズ, Tōkyū Hanzu), grande negozio di oggetti per la casa e il bricolage. Nel nostro girovagare senza meta abbiamo anche costeggiato la Dogen-zaka, un groviglio di strade in pendenza e di vicoli fiancheggiati da nightclub , bar e “love hotel”, che prende il nome da un bandito che diventato monaco si ritirò a vivere in quella zona. Prima di rientrare all’hotel, benché pieni di pacchi, abbiamo comunque fatto tappa anche al Grande Magazzino Murai, paradiso dei vestiti e luogo ideale per gli under 25.
La sera, visto che eravamo un po’ stanchi, abbiamo preferito gironzolare per nelle vie attorno al nostro hotel, nella zona di Shinjuku (新宿区, Shinjuku-ku), consapevoli che l’indomani ci saremmo dovuti alzare pieni di forze, pronti ad affrontare la nostra ultima giornata di shopping nella sfavillante e instancabile città di Tokyo.
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