Passa ai contenuti principali

Facciamo la pizza a casa!

Foto: Resapubblica.it

A casa nei fine settimana, quando magari fuori fa ancora un (bel) po’ freddino, accendere il forno per cucinare qualcosa di buono è quasi un piccolo gioco, un rito che si ripete sempre. E chissà perché ad essere infornata è sempre la stessa cosa: la pizza, quel piatto tipicamente italiano che ci invidiano in tutto il mondo. E come fare la pizza in casa è una di quelle cose che proprio non possiamo ignorare, quindi voglio raccontarvi come faccio la pizza, con gli ingredienti giusti, e perché no anche qualche piccolo segreto che renderà speciale pure la vostra. Naturalmente vi posso solo indicare come fare l’impasto, per quanto riguarda il suo condimento, invece, potrete sbizzarrirvi seguendo i vostri gusti in cucina.

Prima di iniziare a impastare, forse non tutti sanno che, come riporta il sito Wikipedia.org, l’etimologia del nome “pizza” deriverebbe secondo alcuni, da pinsa, “tpinsa” o “tpansa” (dal dialetto napoletano), participio passato del verbo latino pinsere oppure del verbo “pansere”, cioè pestare, schiacciare, pigiare che deriverebbe da pita mediterranea e balcanica, di origine greca (pita o pitta, πίττα, dal greco peptòs ossia “infornato”). Secondo quest’ultima ipotesi la parola deriverebbe dall’ebraico פִּתָּה o פיתה, dall’arabo كماج e dal greco πίτα, da cui anche pita che appartiene alla stessa categoria di pane o focacce. Studi più recenti accreditano, oltre all’origine greca, anche altre ipotesi, cioè che la parola deriverebbe dal germanico (longobardo o gotico) dell’alto tedesco d’Italia bĭzzo-pĭzzo (da cui anche in tedesco moderno Bissen: “boccone”, “pezzo di pane”, “tozzo di focaccia”).

Questa ipotesi sarebbe pure confermata dall’area di diffusione originaria della parola, che coinciderebbe con il regno e i ducati longobardi di Benevento e Spoleto. Tuttavia la diffusa presenza, in area balcanica di pita, induce J. Kramer, riportato dalla stessa fonte, a cercare nel greco πίτα l’origine dell’italiano “pita”, da cui poi “pizza” per incrocio con “pezzo” oppure “pazzo”. Più recentemente (2007) gli studiosi Mario Alinei ed Ephraim Nissan hanno proposto un’etimologia semitica della parola “pizza”. Appare comunque certo che la fortuna odierna della parola “pizza” venga dal dialetto napoletano e dalla regione campana. Di fatto queste tesi sembrano contraddittorie, ma essendo un alimento così diffuso l’etimologia originaria ed arcaica di questa parola non è evidente. Il dibattito tra i massimi studiosi è tutt’oggi aperto e verte sulle tesi presentate.
Detto questo è giunta l’ora di mettersi all’opera!

Ingredienti per 3-4 persone
La prima cosa che tutti si aspetteranno ora sono le dosi esatte dei vari ingredienti. Impossibile! Non esiste una ricetta precisa da usare tutti i giorni, esistono tuttavia una serie di ingredienti per preparare la pasta, che vi riassumo di seguito:

farina manitoba
farina tipo 00
un bicchiere di acqua o di latte
mezzo cubetto di lievito di birra
zucchero
sale
olio di oliva

Preparazione
Innanzitutto dovete avere ben presente che impastare non vuol dire mescolare la farina all’acqua con un cucchiaio, pertanto potrebbe rivelarsi non così semplice la prima volta. Io per iniziare metto gli ingredienti all’interno di un contenitore e mi aiuto con un impastatore o simile (non ne serve certo uno professionale). Vi assicuro tuttavia che dopo un po’ avrete capito come fare, senza contare che, le cose fatte da noi sono sempre più buone, quindi iniziamo!
In una ciotola capiente pesate 250 gr di farnia manitoba. Ricavate ora due buchi: nel primo mettere 2 cucchiaini da caffè di sale, che andrete immediatamente a ricoprire con della farina, e nell’altro 2 cucchiai abbondanti di olio di oliva.
Riempite di acqua o se preferite di latte (a volte faccio una parte di latte e una di acqua) un bicchiere e scaldate quindi il contenuto a microonde per 10-15 secondi, affinché il liquido sia appena tiepido e mai caldo. Per valutare la temperatura io faccio il test dell’immersone del dito. A questo punto rompete a pezzetti mezzo cubetto di lievito di birra e aggiungete 2 cucchiaini da caffè di zucchero. Mescolate il tutto fintanto che lievito e zucchero non si saranno sciolti.
Versate il contenuto del bicchiere nella ciotola e avviate l’impastatrice.
Unite a poco a poco farina di tipo 00, avendo cura all’inizio di amalgamare bene l’impasto per evitare grumi. Si formerà dapprima una pastella liquida poi man mano, con l’aggiunta di altra farina, si otterrà un panetto morbido. Indicativamente arrivo a versare circa altri 250 gr di farina tipo 00, tuttavia sarà necessario procedere fintantoché l’impasto non risulterà bello morbido e non eccessivamente appiccicoso alle dita.
Quando sentirete che l’impasto è della giusta consistenza (o quando il vostro impastatore inizierà a chiedere pietà), versate il tutto su un piano di lavoro infarinato, concludendo la lavorazione a mano, schiacciando appena la pasta e poi chiudendola a libro, un lembo da sinistra al centro e poi da destra al centro e quindi dall’alto al centro e dal centro ad arrotolare verso il basso. L’importate è lavorare energicamente e con tutto il palmo della mano affinché il calore del nostro corpo venga trasmesso all’impasto e quindi al lievito, per poterlo attivare. Non abbiate paura di alzare l’imposto e sbatterlo sul tavolo da lavoro: anche questa operazione contribuirà ad attivare il lievito.
Ricordatevi sempre di aggiustare di farina nel caso in cui il panetto risultasse ancora troppo appiccicoso.
Completata questa lavorazione riponete il tutto all’intero di un recipiente che possa contenere un impasto almeno doppio di quello di partenza. Chiudete il tutto con della pellicola trasparente e lasciate riposare per almeno 3-4 ore. Ricordatevi che più tempo lascerete lievitare la pasta maggiore sarà la quantità di pizza che otterrete.

Consigli per la cottura
Una volta completata la lievitazione, potete procedere a stendere la pasta aiutandovi all’occorrenza con il mattarello che, ricordo, dovrete ben infarinare per evitare che l’impasto vi si appiccichi. Trasferite quindi il tutto in una placca da forno che avrete foderato con della carta da forno e, prima di infornare il tutto lasciate riposare l’impasto ancora qualche minuto.
Nel frattempo accendete il forno ventilato e riscaldatelo a circa 200° C. Col cucchiaio stendete senza sbordare del pomodoro, che avrete precedentemente condito con olio, sale e origano. Infornate quindi la base della pizza per 15 minuti a fono statico.
Avrete ora tutto il tempo di preparare gli ingredienti per farcire la pizza! Vi ricordo che cuocendo in un forno di casa, dove la temperatura è più bassa rispetto al forno della pizzeria, ci sono alcuni ingredienti tipo il prosciutto, il salame dolce, il tonno e altri ancora, che tenderebbero a seccare. Il consiglio pertanto è quello di inserirli tra il pomodoro e la mozzarella: questa dovrà essere versata a pioggia per ultima sopra tutti gli ingredienti dopo averla tagliata a piccoli cubetti.
Completata la farcitura riponete nuovamente la pizza in forno per altri 15-20 minuti o fintantoché il fondo della stessa non prenderà un colore d’orato e la mozzarella non sarà completamente sciolta. Ricordatevi di mettete la placca sempre al centro del forno. Terminate la cottura, a occhio vedrete quando sarà pronta, la pasta sarà colorata tipo la crosta del pane: non ci vuole certo una scienza per capire quando la pizza è pronta!
Ora potete mangiarla, finire di condirla o farci quel che volete: spero solo di esservi stato d’aiuto. Quella che ho proposto è semplicemente la mia esperienza: sono certo che in rete troverete molti altri consigli, anche di persone più qualificate di me. Lascio a voi provare e ricordatevi comunque che tutto ciò per me è semplicissimo e spero tanto lo diventi presto anche per voi.
La pizza è parte della nostra cultura, della nostra tradizione, è qualcosa che rende piacevoli dei momenti, e perché no, un modo anche per unire e trascorrere del tempo assieme in famiglia.

Curiosità
Concludo segnalando a chi non lo sapesse che ogni anno il 20 novembre in Giappone si festeggia il “Giorno della Pizza” (ピザの日). Nel 1995 il Giappone ha infatti eletto questa giornata come simbolo dell’amicizia che lega il popolo nipponico con il nostro Paese. In questa occasione viene preparata la pizza margherita che con i suoi colori rappresenta l’Italia: verde come il basilico, bianco come la mozzarella e rosso come il pomodoro.

Foto: http://yukie5e.exblog.jp/6818857/

Commenti

Post popolari in questo blog

Via del Porce al Trapezio di Tessari

Finito da poco il corso di Alpinismo del CAI di Verona , abbiamo cercato subito di mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti e quindi, fra le tante proposte che ci hanno consigliato, nel pomeriggio siamo partiti alla volta del Monte Cimo, in particolare verso la parete di Tessari, meglio nota come il Trapezio . Caratterizzata da roccia solita ed eccezionalmente ricca di appigli, questa bella falesia ci è sembrata subito il terreno adatto per metterci alla prova, la scelta perfetta per iniziare a muovere i primi passi da capocordata. Parcheggiato a Tessari, salita la strada sterrata sulla sinistra e superati i campi coltivati, qui è iniziata subito la nostra disavventura, se così la possiamo definire, poiché abbiamo saltato l’ometto che indicava sulla destra il sentiero di accesso alla parte, salendo invece fino alla via d’uscita della nostra via. Archiviata questa parentesi di trekking sotto il cocente sole ci siamo avvicinati alla base della parte cercando la via “Cappucc

Via Cappuccio del Fungo al Trapezio di Tessari

Poiché la volta scorsa mi era rimasta ancora troppa voglia di salire il bel calcare di Tessari, sono riuscito a mettere insieme qualche amico e partire ancora una volta in direzione di Rivoli Veronese, verso quella parte di Monte Cimo nota come il Trapezio . L’avvicinamento questa volta non è stato un problema e nemmeno trovare l’attacco, due vie dopo quella del Porce, con un chiodo e poco sopra un cordino in clessidra: la via “Cappuccio del Fungo” (E. Cipriani & F. De Renso) era proprio lì ad aspettarci. Questo itinerario salito per la prima volta nel 1982, è stato il primo ad essere aperto sulla parete ed è uno dei più raccomandabili per la roccia, di eccezionale qualità e ricchezza di appigli, e per la conseguente bella arrampicata che offre. Filata la corda e sistemato tutto il materiale, compresi cordini e rinvii per le numero clessidre, siamo partiti in due cordate per la nostra ascesa. Anche questa volta, rispetto a quanto indicato nella relazione, in soli quattro

“Haiku” di Leonardo Vittorio Arena

L’Haiku è un genere poetico giapponese composto di diciassette sillabe che possono essere distribuite in tre gruppi, rispettivamente di cinque, sette e cinque sillabe. Questo genere è passato anche nelle letterature occidentali del secolo XX, dove, per la sua estrema sintesi metrica e concettuale, ha lasciato traccia nell’ermetismo… [Tratto da “Enciclopedia europea Garzanti”] Guizza la trota, sul fondale scorrono le nuvole. Titolo: Haiku Autore: Leonardo Vittorio Arena Casa Editrice: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli Anno: maggio 1995 ISBN: 978-88-17-125-307 Pagine: 108 Prezzo: 5,00 € circa Come riportato da Wikipedia.it , l’ haiku (俳句) è un componimento poetico nato in Giappone, composto da tre versi per complessive diciassette sillabe. Inizialmente indicato con il termine hokku (発句, “prima poesia”), deve il suo nome attuale allo scrittore Giapponese Masaoka Shiki , il quale definì haiku le poesie di tre versi alla fine del XIX secolo. Il genere haiku