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Il Teru Teru Bōzu (照る照る坊主、てるてる坊主)

Foto: JapanToday.com

In questi giorni in cui il tempo è stato davvero nefasto, la rete e parecchie testate giornalistiche hanno riportato la notizia che nel veronese non si avevano ricordi di una simile quantità di pioggia caduta in appena 24 ore: il 16 maggio, infatti, sono piovuti tra 65 e 70 millimetri in città, quasi quanto l’intera pioggia che cade per la media nell’intero maggio, ma soprattutto più di 200 millimetri nella Lessinia orientale, nella zona di San Bortolo e Campofontana. Preso dalla sconforto più totale (un emblematico ricerca dell’hashtag #BastaPioggia su Twitter la dice lunga…) ho fatto un po’ di mente locale e mi sono ricordato di una tradizione diffusa in Giappone, molto popolare nel periodo Edo, che ha lo scopo di propiziare il bel tempo: il Teru Teru Bōzu (照る照る坊主、てるてる坊主).

Questa piccola bambola di carta o di stoffa di colore bianco veniva appesa dai contadini fuori dalla finestra quale amuleto per allontanare la pioggia e richiamare il bel tempo: la parola giapponese “teru” infatti è un verbo che significa risplendere e “bōzu” richiami invece al monaco buddista. Come riporta Wikipedia.it, l’uso del teru bōzu deriverebbe dalla sua capacità di impaurire Amefushi, lo spirito della pioggia, considerato nemico dei bambini perché impedisce loro di andare a giocare all’aperto. Questo spiritello, di cui abbiamo fatto fra l'altro conoscenza nella saga di Urusei Yatsura (うる星やつら, al secolo Lamù) in realtà non è cattivo, ha solo bisogno di sentirsi accettato dagli altri bambini con i quali vorrebbe giocare, ma visto che porta la pioggia viene sempre allontanato. Per tale motivo, si vendica facendo dispetti a chi lo ha cacciato.

Tradizione ancora molto diffusa tra i bambini giapponesi che la utilizzano per allontanare la pioggia, c’è anche una famosa warabe uta (童歌, canzone tradizionale giapponese simile a un filastrocca), associata al Teru Teru Bōzu, pubblicata nel 1921 da Nakayama Shimpei (中山 晋平), grande cantautore giapponese famoso per le sue numerose canzoni per bimbi. Come vuole la tradizione, si narra che questa canzone abbiamo origine in Cina dalle sfortunate vicende di un monaco che, dopo aver promesso agli agricoltori di fermare con i suoi riti le incessanti piogge che stavano mettendo a repentaglio i raccolti, fu decapitato quando fu chiaro che non sarebbe mai riuscito a far splendere il sole.

Molti storici popolari giapponesi ritengono tuttavia che questa storia e altre simili che riguardano le origini del Teru Teru Bōzu possono essere nate solo tempo dopo che la tradizione era diventata molto diffusa, molto probabilmente nel tentativo di perfezionare l’immagine della bambola. È più probabile invece che il “bōzu“ nel nome non si riferisca ad un monaco buddista reale, ma alla testa sua tonda e calva che richiama quella della bambola, mentre “teru teru” scherzosamente si rifarebbe all’effetto della luce solare che si riflette su una pelata del religioso.


Qui di seguito il testo della canzone per chi volesse canticchiarla in queste uggiose giornate:

Giapponese:
てるてるぼうず、てるぼうず
明日天気にしてをくれ
いつかの夢の空のよに
晴れたら金の鈴あげよ

てるてるぼうず、てるぼうず
明日天気にしてをくれ
私の願いを聞いたなら
甘いお酒をたんと飲ましょ

てるてるぼうず、てるぼうず
明日天気にしてをくれ
それでも曇って泣いてたら
そなたの首をちょんと切るぞ

Romaji:
Teru-teru-bōzu, teru bōzu
Ashita tenki ni shite o-kure
Itsuka no yume no sora no yo ni
Haretara kin no suzu ageyo

Teru-teru-bōzu, teru bōzu
Ashita tenki ni shite o-kure
Watashi no negai wo kiita nara
Amai o-sake wo tanto nomasho

Teru-teru-bōzu, teru bōzu
Ashita tenki ni shite o-kure
Sore de mo kumotte naitetara
Sonata no kubi wo chon to kiru zo

Traduzione:
Teru-teru-bōzu, teru bōzu
Fa che domani sia una giornata di sole
Se il cielo sarà sereno come lo sogno
Ti regalerò un campanello dorato

Teru-teru-bōzu, teru bōzu
Fa che domani sia una giornata di sole
Se il mio desiderio si avvererà
Berremo tanto sake dolce

Teru-teru-bōzu, teru bōzu
Fa che domani sia una giornata di sole
Ma se è nuvoloso e ti troverò a piangere (cioè pioverà)
Allora ti taglierò la testa

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