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Sentiero attrezzato "Alta Via Bepi Zac" (ma al rovescio)

Cartello lungo l'Alta Via di Bepi Zac

Anche quest’anno avevamo programmato la ferrata principe della stagione e quindi, un po’ perché incuriositi dalla valenza storica del giro, un po’ perché sviluppata su un vetta che non avevamo mai percorso, la nostra scelta è caduta sull’Alta Via Bepi Zac, nota anche come Sentiero Attrezzato Bepi Zac, sulla cresta di Costabella. Il suo percorso, così come pensato dai volontari del Soccorso Alpino di Moena, inizia al Passo delle Selle (2.529 metri), sale verso il piccolo Lastei (2.713 metri) e percorre in quota la catena del Costabella (2.579 metri), forcella Ciadin, Cima Vallate (2.832 metri), punta Ciadin (2.919 metri) per chiudersi con l’ascesa a Cima Uomo (3.003 metri).
Non sapevamo però ancora cosa ci avrebbe riservato la giornata: quella piccola deviazione che a discapito delle nostre perplessità ci avrebbe comunque regalato davvero forti emozioni.

Sentiero vario ed assai interessante soprattutto per le innumerevoli opere che le truppe alpine austro-ungariche ed italiane hanno lasciato un po’ dappertutto, la via si snoda come già anticipato lungo le creste del Costabella, linea di fronte tra Italia ed Austria nel corso del Primo Conflitto Mondiale.
Punto di partenza è il Passo San Pellegrino (1.918 metri), raggiungibile in auto da Moena, in Val di Fassa, oppure come abbiamo fatto noi da Falcade se si arriva dal Veneto. Si parcheggia l’auto nell’ampio parcheggio nei pressi della seggiovia Costabella e, per i più arditi, si segue il sentiero n. 604, direzione Passo delle Selle. Naturalmente noi abbiamo preferito preservare le forze accorciando questo prima tratto sfruttando gli impianti di risalita.
Abbiamo quindi puntato in direzione del rifugio di Passo Selle, ma ahimè ingannati da un cartello traditore abbiamo preso il sentiero 637b, pensando di abbreviare il percorso: ci siamo invece ritrovati dopo un erto ghiaione a Forcella del Ciadin, che nei nostri pensieri doveva invece essere la “via di fuga” verso casa nel caso non avessimo avuto le forze per salire a Cima Uomo una volta completato il sentiero attrezzato.

Oramai in quota, dopo piccolo briefing, abbiamo deciso di lasciare l’ascesa ai 3.010 metri di Cima Uomo per un’altra volta e abbiamo percorso la via ferrata così come descritta all’interno del sito VisitTrentino.it. All’attacco della via si sale un grosso camino attrezzato con grandi scale in legno e cordino; superatolo si giunge al “Sass di Costabella” che, con una consigliatissima variante, permette di risalire un breve canalino e visitare un punto di osservazione italiano al cui interno poco più sotto trova spazio una mostra fotografica sulla Grande Guerra (mi raccomando, ricordatevi di firmare il libro visitatori per dire la vostra prima di ripartire!).

Come ben riportato da Simone Agostini sul sito del turismo trentino, l’itinerario prosegue quindi lungo il tormentato crinale di Costabella, tra camini, cenge, creste, cime, caverne, gallerie, in un lunare scenario di rocce dalle forme più strane. Dopo il primo tratto attrezzato che rimonta una selletta, il sentiero si infila in un stretta gola ai piedi di una specie di colossale “uovo”, il Sasso di Costabella (2.730 metri). Si cala poi leggermente per attraversare una serie di conche. Dopo aver risalito brevemente una piccola cima senza nome, si cala ancora leggermente ai piedi della Cima di Costabella (2.759 metri), che si scala con un tratto attrezzato con cordino, piuttosto esposto ma sicuro, lungo lo spigolo est. Seguono altri saliscendi per raggiungere la Cima della Campagnaccia (2.727 metri), con varie gallerie e fortificazioni. Infine, prima di risalire verso i Lastei Grande (2.716 metri) e Picol, è possibile eventualmente interrompere l’escursione calando a valle dall’ampia insellatura a est. Era proprio da qui che nei nostri progetti iniziali doveva iniziare la nostra ferrata!

La lunga traversata si conclude poi, senza dislivelli importanti, traversando gli aspri contrafforti dei Lastei fino alla cima del Lastei Picol (2.697 metri), a nord del rifugio di Passo delle Selle (2.528 metri), che si raggiunge dopo una ripida discesa. Si rientra quindi al passo in circa un’ora per sentiero 604, toccando il Rifugio Paradiso (2.170 metri): benché stanchi abbiamo comunque preferito rientrare a Passo San Pellegrino seguendo il sentiero che passa proprio sotto la seggiovia, senza quindi sfruttare gli impianti.

Tutto sommato il sentiero attrezzato non presenta grosse difficoltà, ma la forza con cui questi luoghi trasmettono sensazioni, immagini ed emozioni delle vicende passate ne fa sicuramente una meta consigliatissima. La tempistica di questa ferrata varia molto a seconda del tempo che si dedica alla visita delle varie postazioni militari: il consiglio è quello programmare l’uscita nell’arco di un’intera giornata poiché le cose da vedere sono davvero tante. Ci siamo infatti piacevolmente avventurati nei tunnel scavati nella roccia, dove la torcia è vivamente consigliata, sbucando a volte in punti che nemmeno immaginavamo, e riprendendo comunque sempre la traccia del sentiero, ben segnalato. Uno stupendo e ottimamente conservato dormitorio austriaco e la quantità di reperti che si possono trovare fra le rocce non sono altro che un bellissimo corollario allo splendido panorama che si gode da quelle cime, che spazia dalla Marmolada alle Pale di S. Martino, dal Sella al Sassolungo, dal Catinaccio al Latemar. Come sempre anche questa volta la montagna riserva al noi ospiti piccole magie che trasformano i giorni che passiamo in sua compagnia.

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