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Giappone 2014 #2: Kyōto

Ristorato da una bella dormita mi sentivo di nuovo in forze e pronto per affrontare una bella giornata di esplorazioni per Kyōto. Visto che sapevo di avere la mattinata tutta per me, zaino in spalle ho preso l’autobus sotto casa e sono partito subito alla volta del quartiere di Higashiyama (東山区, Higashiyama-ku, letteralmente “monti orientali”), al di là del fiume Kamo, che per gran parte della storia di Kyōto si trovò fuori dai confini della città e per questo ancora oggi è rimasto più rurale rispetto alle altre zone del paese.


Camminando lungo le vie, ammirando ovunque immensi ciliegi in fiori e scattando foto neanche fossi il tipico turista in vacanza, mi sono ritrovato a passeggiare nei giardini del Tempio Kennin-ji (建仁寺), il tempio buddista più antico di Kyōto, nonché uno dei più importanti edifici del buddismo giapponese. Costruito nel 1202 dal monaco Eisai Zenshi, che si dice sia il padre dello Zen in Giappone, nell’era Muromachi (1336-1573) era considerato il terzo dei 5 maggiori templi Zen di Kyōto, ed era tenuto in grande considerazione. Subì danni e distruzione a causa di conflitti armati, ma nell’era Tensho (1573-1592) fu fatto ricostruire da Ankokuji Ekei. L’edificio residenziale dei monaci, patrimonio culturale, fu trasferito qui dal tempio Ankokuji (prefettura di Hiroshima). Nel tempio si trova anche un giardino Zen ricoperto di sabbia bianca.



Superato il ponte sul fiume, mi dirigo velocemente verso nord alla ricerca delle bellissime strade lastricate Sannenzaka (三年坂, salita di tre anni) e Ninenzaka (二年坂, salita di due anni), che non a torto sono considerate patrimonio culturale. Ancora qualche passo e finalmente sono al Tempio Kiyomizu-dera (清水寺), o più correttamente il Tempio Otowasan Kiyomizudera (音羽山清水寺), vera e propria istituzione della città di Kyōto. Mentre quasi tutti i templi sono legati ad una determinata setta, questo tempio sembra essere di tutti e infatti da oltre mille anni i pellegrini pregano la statua a undici teste di Kannon e bevono l’acqua della sorgente sacra (kiyomizu significa infatti “acqua pura”).  Quanti ricordi mi riportano alla mente questi luoghi, e la vista che si merita da lassù lascia davvero a bocca aperta.
Ma le sorprese non sono finite: mi trovo improvvisamente catapultato all’interno di una cerimonia tradizionale dove, prima di mettermi all’inseguimento di un gigantesco drago sorretto da uomini in abiti tradizionali che dal tempio scende verso la città, riesco anche a strappare una benedizione al monaco che spero tanto mi sia di buon auspicio per il resto della vacanza.


Che giornata! Quante emozioni, quante avventure! Così sgranocchiando qualcosa mi incammino velocemente verso il Ginkaku-ji (銀閣寺), soprannominato “Padiglione d’Argento”, che fu fatto costruire dallo shogun Yoshimasa Ashikaga come villa in cui trovare rifugio dai disordini della guerra civile e solo dopo la sua morte fu trasformato in tempio. Inizio la visita ammirando un oceano di sabbia bianca “Ginsadan” con una originale forma conica che rappresenta simbolicamente una montagna. Mi immergo poi nel bellissimo giardino fino ai piedi del Padiglione d’Argento, che quest’anno finalmente si lascia ammirare in tutta la sua bellezza.


Finalmente Giovanni mi raggiunge, gli racconto tutte le avventure che mi sono capitate e intravvedo nei suoi occhi un po’ di invidiata e, anche se so che lui di questi spettacoli ne può godere tutti giorni, mi ritrovo felicemente a gongolare pensando che siamo solo al secondo giorno di vacanza.
Risaliamo quindi la Passeggiata del Filosofo (哲学の道, Tetsugaku-no-michi), un sentiero lungo 1,5 chilometri che segue il canale Shishigatani fiancheggiato da ciliegi, che si snoda ai piedi degli Higashiyama (monti orientali) tra Ginkaku-ji e Nyakuoji-jinja per poi congiungersi con le strade che conducono al Tempio di Nazenj-ji. Qui incontriamo Kosuke, un amico di Giovanni, e assieme a lui e alle sue parole ascolto del professore di filosofia dell’Università di Kyōto, Nishida Kitaro (1870-1945), che grazie alla sua passeggiata quotidiana ha dato il nome alla zona, ammirando i rami dei ciliegi talmente ricchi di fiori da creare una spettacolare galleria interamente dipinta di verde e rosa che “protegge” il sentiero ed il canale vicino.
Tra una chiacchiera, un caffè e una risata arriva anche per noi il momento di tornare a casa. Un’altra giornata stava per chiudersi, ma ancora una volta quante emozioni. Sotto le coperte faccio fatica ad addormentarmi, nella mente corrono veloci le immagini della giornata appena chiusa e non capisco se sono ancora sveglio o già dormo quando mi ritrovo a sognare delle avventure che mi aspettano l’indomani.

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