Ultimo giorno pieno da dedicare alla scoperta di Kyōto, ma non mi perdo certo d’animo in quanto le cose in programma anche oggi sono davvero tante per cui, dopo una buona colazione, usciamo presto di casa in direzione Tempio Ninna-ji (仁和寺).
Tempio principale della scuola Omuro della setta buddista Shingon (真言, dal cinese “Vera Parola”), fu fondato nell’888 dall’imperatore Uda (宇多天皇, Uda Tennō) in onore della dea buddhista Avalokiteshvara (観音, Kan'non). Per molti secoli un membro della famiglia imperiale servì come capo sacerdote e per questo il tempio era anche conosciuto come Palazzo Imperiale di Omuro (御室御所, Omuro-gosho). A causa delle numerose guerre e incendi che devastarono Kyōto nel corso della sua storia, nessuno degli edifici risalenti alla fondazione sopravvive. Gli edifici ad oggi più antichi risalgono all’inizio del periodo Edo, tra cui la sala principale (金堂, Kondō), la Sala Kannon (観音堂, Kannondō), la porta anteriore Niōmon (仁王門, letteralmente “Cancello Niō”), la porta interna Chumon (中門) e la pagoda a cinque piani (五重塔, Gojū-no-tō). Nel 1994 Ninna-ji fu tra i monumenti storici di Kyōto inseriti nel Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
Il clou di una visita a Ninnaji è sicuramente il Goten, l’antica residenza del capo sacerdote nell’angolo sud-occidentale del complesso del tempio. Costruiti nello stile di un palazzo imperiale, i graziosi edifici sono collegati tra loro da corridoi coperti, presentano porte scorrevoli elegantemente dipinte (襖, fusuma) e sono circondati da splendidi giardini rocciosi e laghetti. Il tempio è famosa anche per un boschetto di ciliegi a fioritura tardiva, coltivati localmente, chiamati ciliegie di Omuro. Dato che gli alberi fioriscono tardi, Ninnaji è un buon posto da visitare verso la fine della stagione della fioritura dei ciliegi di Kyōto.
Il tempio è un po’ snobbato dai turisti per cui non c’è tanta gente. Ne approfittiamo quindi per prenderci il nostro tempo e giriamo tra gli edifici, scattando foto e ammirando i ciliegi in fiore.
Usciti dal tempio ci dirigiamo alla stazione dei treni lì vicino per proseguire verso la tappa successiva, Arashiyama (嵐山, あらしやま, letteralemnte “montagne tempestose”), zona situata a nord-ovest di Kyōto, ai piedi del monte Arashi, da cui prende il nome.
Questa zona si distingue per lo splendore del paesaggio naturale in cui sono inseriti in perfetta armonia templi, santuari e aggraziate architetture civili. Molti di questi luoghi brillano per importanza e rilevanza artistica e culturale. La località divenne meta turistica per il viaggiatore colto fin dai tempi del periodo Heian (794-1185) ed era anche luogo di riposo per passeggiate rilassanti dell’imperatore, quando Kyōto era la capitale. Quasi ovunque il nuovo è stato edificato nel rispetto dell’esistente e passeggiare ad Arashiyama è sicuramente un piacere per corpo, mente e spirito.
Arrivati ci fermiamo subito per una visita veloce al Tenryu-ji (天龍寺), più formalmente conosciuto come Tenryū Shiseizen-ji (天龍資聖禅寺), il tempio principale del ramo Tenryū del Buddismo Zen della Scuola Rinzai (臨済宗, Rinzai-shū). Costruito nel 1339 su quella che era la sede della dimora dell’imperatore Go-Daigo (後醍醐天皇, Go-Daigo Tennō), fu convertito in tempio dallo Shogun Ashikaga Takauji (足利 尊氏), dopo che il fratello dello Shogun, Ashikaga Tadayoshi (足利直義), ebbe in sogno la visione di un drago (天龍, tenryū, significa appunto “drago che sale verso il cielo”).
Il tempio è conosciuto soprattutto per il suo giardino zen, opera di uno degli architetti di paesaggio più importanti della storia dell’arte nipponica e maestro zen Musō Soseki (夢窓 疎石). Si estende per oltre 20.000 metri quadrati e descrive una rappresentazione ideale del giardino giapponese, con un laghetto ornato da alberi e arbusti. Si tratta di un giardino shakkei (借景), noto anche come “giardino che prende in prestito il paesaggio”, un concetto unico nel design dei giardini giapponesi che si basa sull’idea di incorporare elementi del paesaggio circostante, come montagne, colline, foreste o edifici, nel design del giardino stesso, creando un effetto di “prendere in prestito” la bellezza naturale del contesto circostante, in modo che il giardino sembri estendersi oltre i suoi stessi confini fisici.
In questa zona però l’attrazione principale è la foresta di bambù di Arashiyama e Sagano (嵐山竹林, Arashiyama chikurin), che si estende su un’area di 16 kmq, con bambù che possono toccare i 50 metri di altezza. E non è difficile crederci, visto che la pianta di bambù ha una crescita molto rapida che può arrivare a un metro in appena 24 ore.
Ci immergiamo nel bosco e la percezione del mondo cambia, ma non è facile spiegare con le parole la sensazione che si prova a passeggiare qui. Una volta entrati si ha quasi l’impressione che il sentiero sia senza fine, per l’effetto dato dalla moltitudine di canne verdi che si susseguono una dopo l’altra. La luce soffusa che filtrata dalle foglie illumina debolmente il cammino e si sembra quasi di vivere in un sogno o nel mondo delle fiabe. Si tratta davvero di un’esperienza sensoriale molto particolare che investe non solo la vista, ma anche l’udito con il suono delle foglie e dei fusti che vengono mossi e fatti vibrare dalla leggera brezza primaverile che si insinua tra le canne. Stando qui è facile capire perché il Ministero dell’Ambiente giapponese abbia inserito la foresta di bambù di Arashiyama nella lista dei “100 paesaggi sonori del Giappone”. Di questo elenco fanno parte i luoghi scelti come migliori dove potersi fermarsi a godere la musica della natura.
Camminiamo senza meta, gustandoci il panorama e arriviamo fino al Gio-ji (祇王寺), un piccolo tempio buddhista, dove il giardino del tempio è ricoperto da un soffice strato di muschio che si fa strada tra alberi di acero, felci e lanterne tradizionali in pietra. Al tempio è legata una storia commovente, che viene narrata nel romanzo epico Heike Monogatari (平家物語, letteralmente “Il racconto della famiglia Taira”), una cronaca di guerra del quattordicesimo secolo che tratta della prosperità e della caduta della famiglia Taira. Gio era una danzatrice innamorata di Taira no Kiyomori (平清盛), potente capo del clan Heike (平家, lettura on'yomi per “famiglia Taira”). Quando lui le preferì un’altra danzatrice, Hotoke-Gozen (仏御前), lei si ritirò nel tempio con la sorella e la madre. Poco tempo dopo vennero raggiunte da Hotoke-Gozen, consapevole che lo stesso destino sarebbe toccato anche a lei.
Lasciamo ora questi luoghi e la magia che portano con sé per tornare sui nostri passi e dirigerci verso il Ponte di Togetsukyo (渡月橋) costruito sul fiume Katsura (桂川, Katsura-gawa).
Il nome togetsu (渡月), che significa “attraversamento della luna”, deriva da una storia che riguarda l’imperatore Kameyama (亀山天皇, Kameyama Tennō) del periodo Kamakura (鎌倉時代, Kamakura-jidai, 1185-1333). Durante una festa in barca sotto la luna piena, all’imperatore parve che la luna stesse attraversando il ponte. Il ponte, lungo 155 metri e largo 11 metri, fu costruito qui inizialmente nell’836, mentre quello attuale fu completato solo nel 1934. Sebbene il ponte sembri costruito interamente in legno, le sue colonne e travi sono in cemento armato e solo i parapetti sono in cipresso.
La voglia di proseguire nell’esplorare la zona è tanta, ma alla fine preferiamo fermaci qui. Siamo in po’ stanchi da tutto il camminare e restiamo quindi ad ammirare i ciliegi in fiore lungo le sponde del fiume Katsura, prima di ripartire per il centro di Kyōto.
Una volta rientrati al centro di Kyōto utilizzo le ultime ore rimaste per lo shopping dell’ultimo minuto, necessario per completare l’acquisto di souvenir e regali da portare in Italia.
Trascorro così le mie ultime ore in Giappone in compagnia di Giovanni e degli amici che ho conosciuto in questi giorni. Tiriamo fino a tardi in un pub, bevendo, cantando e chiacchierando tutti assieme, e mi dimentico perfino che l’indomani ci sarà l’aereo per casa. Quando torniamo sono stanco, ma felice. Piombo in un sonno profondo e grato per tutto quello che ho vissuto, visto, toccato, assaporato, gustato e che rimarrà indelebile nella mente per molto anni a venire.
Si chiude qui questa bellissima avventura. Un’esperienza unica sotto molti aspetti, in parte lontana dagli schemi mentali di noi occidentali, ma per questo molto accattivante e allo stesso tempo arricchente.
L’augurio che mi faccio e che faccio a tutti è quello di poter tornare quanto prima a visitare questi luoghi, che sanno regalare esperienze ed emozioni sempre nuove a chiunque li vada ad esplorare.
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