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Giappone 2014 #6: Kyōto

Non serve certo la sveglia per alzarsi oggi. Apro gli occhi e sono già tutto pimpante e fremo per la partenza, in quanto la meta per la giornata odierna è una delle foto più gettonate nelle cartoline che ritraggono il Giappone e che purtroppo nel mio precedente viaggio non avevo avuto modo di vedere. L’euforia galoppa e costringo Giovanni a finire in fretta la sua colazione visto che non c’è tempo da perdere: le nostre biciclette ci aspettano e dobbiamo partire subito!


Lungo il percorso non posso esimermi dallo scattare qualche (sì dai, diciamo qualche) foto al panorama, dove lo sfondo degli alberi di ciliegio in fiore lungo il fiume rendono magico qualsiasi soggetto in primo piano. Ma poi Giovanni mi richiama all’ordine, c’è ancora un po’ si strada e dobbiamo incontrare ancora Tsucchi-kun, che dopo l’uscita a Ōsaka ha accettato di buon gusto di unirsi a noi anche in questa giornata. Non ci vuole molto e arriviamo finalmente alla nostra meta, il Fushimi Inari Taisha (伏見稲荷大社), uno dei luoghi più incantevoli e affascinanti del Giappone, nonché il principale santuario degli oltre 40.000 santuari shintoisti dedicato al kami Inari (稲荷, o anche Oinari), la divinità della fertilità, del riso, dell’agricoltura, delle volpi, dell’industria e del successo terreno.


Fondato all’inizio dell’VIII secolo, il complesso si trova sul Monte Inari, alto 233 metri, e copre una vasta area che include molti altri santuari dedicati ad altre divinità. Inoltrandosi nei boschi delle vicine colline, si passa sotto migliaia di torii (鳥居) rossi posti da un lato all’altro del sentiero, tutti donati dai fedeli, al pari delle centinaia di statuette in pietra raffiguranti una volpe in posizione seduta, sparse un po’ ovunque (la volpe simboleggia il messaggero del dio Inari, protettore della prosperità e della ricchezza dei raccolti). Per inciso, tutti i torii del Fushimi Inari sono sponsorizzati da aziende giapponesi o governi locali, con il nome dei benefattori scritto sul retro i cui prezzi variano in base alle dimensioni, dai piccoli alti 30 cm a quelli alti 3 metri.
Ci vogliono almeno un paio di ore per fare il giro della montagna per questo siamo arrivati lì di buon mattino. Lungo il sentiero, ci sono numerosi punti panoramici che offrono una vista mozzafiato sulla città di Kyōto e, a circa metà strada, c'è un negozio di souvenir e un banco da tè dove è possibile acquistare snack, bevande e gelati.


Il Santuario Fushimi Inari Taisha è molto popolare sia tra i turisti che tra i locali. A capodanno migliaia di fedeli vi si recano a pregare per avere successo nel lavoro, ma la vera grande festa del santuario, Sangyo-san (産業祭, il “Festival dell’industria”) ha luogo l’8 aprile, giorno in cui i riti di preghiera sono augurio di successo per tutte le aziende del Giappone. A queste si aggiungono il Ko-in Matsuri tra l’11 e il 12 ottobre con danze nenbutsu (念仏踊り, Nenbutsu-odori, dalle 13:00 alle 14:00) e spettacoli kyōgen (狂言, letteralemente “parole della follia”, alle 11:00), e il 25 ottobre il Nukihosai (抜穂祭, festa della raccolta del riso) che prevede danze sacre e donne in abiti tradizionali Shintō per eseguire il rituale della raccolta del riso dai campi adiacenti il santuario.


Recuperate le energie dall’ascesa e discesa del monte, dopo centinaia di foto e decine di video, un dolcetto e una bibita fresca, ci siamo subito rimessi in viaggio. La nostra meta è un tempio poco distante colmo di cultura e antico di quasi 800 anni che passa spesso inosservato a numerosi viaggiatori in quanto esternamente semplice e privo di fronzoli, ma che custodisce al suo interno uno dei luoghi più sacri del Giappone.
Si tratta del Sanjūsangendō (三十三間堂), un tempio della scuola del Buddhismo Tendai, famoso per le sue mille e una statua di Kannon, il Bodhisattva della misericordia. Il nome originario di questo antico tempio è Rengeō-in (蓮華王院, Salone del Re del Fior di Loto), ma che in seguito è stato soprannominato Sanjūsangendō per via delle sue caratteristiche architettoniche. Tale nomignolo è divenuto sempre più popolare col passare del tempo, tanto che ormai è indicato con questo termine anche sulle mappe e guide turistiche. Il nome significa letteralmente “Sala con 33 intervalli” (三十三: trentatré; 間: intervallo; 堂: sala) e simboleggia la sala principale, costruita su una serie di pilastri intervallati da 33 spazi. Questa scelta non è casuale in quanto in Giappone si crede che il Bodhisattva Avalokiteśvara prometta di salvare tutti gli esseri senzienti apparendo in 33 forme differenti. Grazie ai suoi 120 metri di lunghezza, il Sanjūsangendō inoltre è oggi la struttura in legno più lunga del Paese.
Il centro del Sanjūsangendō accoglie un’enorme statua di Jūichimen Senju Kannon (十一面千手観音, Kannon con undici facce e mille braccia) in posizione seduta con undici facce e venti paia di braccia, le quali in realtà ne simboleggiano mille, poiché ognuna salva venticinque mondi. La statua misura in altezza circa 3 metri e 30 centimetri ed è stata realizzata, durante la ricostruzione del tempio, in cipresso giapponese dal famoso scultore Tankei (湛 慶) uno dei più importanti del periodo Kamakura (XII-XIV secolo). Data la sua importanza è considerata Tesoro nazionale del Giappone. Il tempio contiene anche un migliaio di statue a grandezza naturale di Kannon dalle mille braccia posizionate in entrambi i lati della statua principale in 10 righe e 50 colonne. Tra queste, 124 statue provengono dal tempio originale, recuperate dall’incendio del 1249 che distrusse il tempo, mentre le rimanenti 876 statue sono state costruite nel tredicesimo secolo. Anche queste statue sono costituite di cipresso giapponese ricoperte d’oro. Attorno alle mille statua sono presenti 28 statue di divinità guardiane tra cui anche due famose statue di Fūjin (風神, Dio del Vento) e Raijin (雷神, Dio del Tuono e dei Fulmini), importanti figure della mitologia giapponese. Le loro origini risalgono al senso di gratitudine e paura che le popolazioni antiche provavano nei confronti della natura: si credeva, infatti, che Raijin e Fujin controllassero gli andamenti della pioggia e del vento, aiutando così a ottenere dei buoni raccolti per il sostentamento della popolazione.
La visita alla sala interna richiede un doveroso silenzio, senza possibilità di scattare alcuna foto.


Visitare questi luoghi lascia sempre dentro qualcosa di magico che ti invoglia a fermati ancora un po’, quindi è un po’ a malincuore che lasciamo il tempio per dirigerci verso Heian Jingū (平安神宮), santuario costruito nel 1895 per commemorare il 1.100° anniversario del regno di Kyōto come capitale del Giappone, un ruolo che ha mantenuto fino al 1868, ed è dedicato agli spiriti del primo ed ultimo imperatore che regnarono dalla città, gli imperatori Kammu (737-806) e Komei (1831-1867). Heian-kyō (平安京) è infatti il precedente nome di Kyōto.
L’ingresso del santuario è contrassegnato da un mastodontico torii rosso vermiglio di oltre 24 metri di altezza a cavallo di una strada di 18 metri, che lo rende uno dei più grandi cancelli di questo genere di tutto il Giappone. Lo spazioso cortile in ghiaia del santuario offre inoltre una vista a perdita d’occhio sull’edificio principale, che è una replica parziale e in scala del Palazzo imperiale d’epoca Heian (794-1185), di cui spiccano in particolare le tradizionali tonalità rosse e verdi. La parte più bella da vistare è però il giardino interno in stile giapponese: disposto intorno a un lago centrale, attraversato da un ponte che sembra fluttuare sull’acqua, è uno dei luoghi più belli della città per ammirare la fioritura dei ciliegi.


Usciti dal santuario, zaino in spalle, siamo pronti ad inforcare le nostre biciclette per seguire il corso del Fiume Kamogawa (鴨川), che per 10 kM taglia in due la città di Kyōto da nord a sud. Letteralmente significa “Fiume delle anatre” ed è un luogo dove tutti gli abitanti di Kyōto amano trascorrere piacevoli momenti in relax. In questi giorni le sue rive, piantumate con lunghi filari di ciliegi, sono completamente in fiore e si può quindi ammirare l’arrivo della primavera in tutta la sua bellezza. In estate, poi, si possono incontrare bambini che si schizzano a vicenda, o che inseguono una palla cade nell’acqua, mentre i visitatori sono sempre sorpresi nel vedere che l’acqua arriva solo fino ai polpacci. Nonostante qualche rapida, la corrente dolce permette di fare un bagno o di attraversarlo saltando sopra rocce che spuntano dall’acqua come piccole isole nel mare.
Pedalando, chiacchierando, ridendo, scherzando e ammirando il panorama arriviamo fino alla zona di Kitayama (北山), dove abbiamo dato il nostro saluto al Fiume Kamogawa e ci siamo diretti verso l’ultima meta della giornata.


Vista la presenza di Tsucchi-kun ne abbiamo approfittato per fare una visita all’Università di Kyōto (京都大学, Kyōto Daigaku), o Kyōdai (京大), la seconda più antica università dopo quella di Tōkyō. Fondata nel 1897 come Università Imperiale del Giappone, dal 2004 fa parte dell’Associazione delle Università Nazionali del Giappone. I suoi tre campus si trovano a Kyōto e nei suoi sobborghi, più precisamente nei distretti di Yoshida e Katsura, così come nella città di Uji. È organizzato in dieci facoltà per il primo ciclo e diciassette per i successivi e dispone anche di numerose infrastrutture come un ospedale universitario, un servizio bibliotecario, nonché un museo.
Parcheggiate le bici siamo dapprima saliti per vedere le sale del dipartimento dove Tsucchi-kun studia la lingua italiana, dove abbiamo fatto conoscenza anche di altri studenti, e poi scesi in mensa per una piccola merenda a base di torta e una delle strane bibite che escono dai distributori.

Oramai stanchi da tutto il gironzolare, salutato Tsucchi-kun non restava che riprendere la strada verso casa. Ancora una volta la giornata appena trascorsa mi aveva sorpreso a scoprire magnifici luoghi, scroci celati alla vista di molti e prospettive sospese nel tempo e nello spazio, regalandomi emozioni e ricordi che sicuramente avrei serbato dentro il cuore per molto tempo a venire.

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