Katsushika Hokusai – La grande onda presso la costa di Kanagawa dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji (1830-1832 circa) Silografia policroma, 25,9 x 38,5 cm – Honolulu Museum of Art |
Me l’ero promesso già in occasione della presentazione dei 150 anni delle relazioni tra Giappone e Italia e così lo scorso mercoledì 2 Novembre ho portato tutta la famiglia in gita a Milano per vedere la magnifica mostra dedicata a “Hokusai, Hiroshige e Utamaro”.
Più che un’esposizione, un viaggio nel mondo artistico e umano dei tre principali maestri giapponesi, Katsushika Hokusai (1760-1849), Utagawa Hiroshige (1797-1858) e Kitagawa Utamaro (1753-1806), considerati tra i maggiori esponenti dell’ukiyo-e, (浮世絵, “mondo fluttuante”), che ancora oggi come nei secoli precedenti influenzano scuole e artisti del Giappone e dell’Europa, contrapponendo all’etica del samurai il piacere di ogni singolo momento e il divertimento in ogni sua forma.
Più che un’esposizione, un viaggio nel mondo artistico e umano dei tre principali maestri giapponesi, Katsushika Hokusai (1760-1849), Utagawa Hiroshige (1797-1858) e Kitagawa Utamaro (1753-1806), considerati tra i maggiori esponenti dell’ukiyo-e, (浮世絵, “mondo fluttuante”), che ancora oggi come nei secoli precedenti influenzano scuole e artisti del Giappone e dell’Europa, contrapponendo all’etica del samurai il piacere di ogni singolo momento e il divertimento in ogni sua forma.
Il percorso di articola in cinque sezioni, attraverso le 200 xilografie dei tre maestri, e mette in evidenza come fossero ricorrenti gli stessi soggetti e come gli editori fossero obbligati a inventare espedienti quali formati e inquadrature diverse, ma anche come ognuno di questi artisti si sia distinto con una serie tematica specifica fino a renderla un best seller obbligando gli altri a cimentarsi sullo stesso soggetto alla moda per ricavarsi il proprio spazio sul mercato. Nello specifico la visita prevede:
Katsushika Hokusai – Fuji Rosso (Giornata limpida col vento del sud) dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji (1830-1832 circa) Silografia policroma, 25,5 x 36,8 cm – Honolulu Museum of Art |
1. Paesaggi e luoghi celebri: Hokusai e Hiroshige
Questa è la sezione più corposa della mostra. Inizialmente si possono ammirare rappresentazioni di cascate e ponti, i cosiddetti “luoghi celebri” molto citati nella letteratura giapponese e tra le prime serie che si incontrano c'è quella delle “Trentasei vedute del Monte Fuji” (富嶽三十六景 Fugaku Sanjūrokkei) di Hokusai (1830-32 circa), dove campeggia la famosissima “Grande onda di Kanagawa”, che riproduce in primo piano la forma del monte sacro che si staglia piccolo sullo sfondo del paesaggio. La stessa serie verrà ripresa a distanza di quasi vent’anni anche da Hiroshige (1852-58) con vedute simili, che citano il maestro Hokusai, compresa anche la “Grande onda” in una inquadratura analoga ma meno suggestiva.
Proseguendo lungo il percorso, una dettagliata mappa mostra l’arteria principale del vecchio Giappone, ovvero la strada che collegava la capitale dell’allora Shogun di Edo (l’attuale Tokyo) con Kyoto, introducendo lo spettatore alla serie più famosa di Hiroshige, le “Cinquantatré stazioni del Tōkaidō”. Edita inizialmente nel 1833-34 riscontrò un enorme successo, non solo in Giappone, anche nei paesi occidentali, e venne poi riproposta dallo stesso autore con editori diversi e in svariati formati. Il medesimo soggetto era stato trattato anche da Hokusai in una serie di surimono (摺物, biglietti augurali) e silografie tra il 1804 e il 1811.
Katsushika Hokusai – Abe no Nakamaro dalla serie Specchio dei poeti giapponesi e cinesi (1833-1834) Silografia policroma, 52,1 x 22,6 cm – Honolulu Museum of Art |
2. Tradizione letteraria e vedute celebri: Hokusai
Nella seconda sezione sono esposte le xilografie policrome appartenenti a due famose serie “Specchio dei poeti giapponesi e cinesi” e “Cento poesie per cento poeti in racconti illustrati della balia” di Hokusai, con riferimenti ai classici della poesia e della letteratura cinese e giapponese.
Katsushika Hokusai – Cardellino e ciliegio piangente dalla serie “Piccoli fiori” (1832 circa) Silografia policroma, 25,1 x 18,2 cm – Honolulu Museum of Art |
3. Rivali di “natura”: Hokusai e Hiroshige
La terza sezione è dedicata a “fiori e uccelli” (花鳥画, kachōga), i filone più classico della pittura giapponese, con le produzioni che raffigurano immagini naturali.
Kitagawa Utamaro – La ragazza precoce (Ochappii) dalla serie Varietà di fiori secondo il loro linguaggio (1802) Silografia policroma, 39,4 x 26 cm – Honolulu Museum of Art |
4. Utamaro: bellezza e sensualità
La quarta sezione è completamente dedicata a raccontare il tema della bellezza femminile di Utamaro attraverso i bijin-ga (美人画), ovvero i “ritratti di belle donne”. Qui si possono ammirare alcune opere della serie dal titolo “Dieci classi di fisionomie femminili”, a cui appartengono stampe che raffigurano solitamente donne a mezzo busto, con una colorazione degli abiti molto tenue, su fondo neutro, arricchita spesso da polveri di mica rosate, che conferisce brillantezza senza perdere in delicatezza.
Katsushika Hokusai Educazione dei principianti tramite lo spirito delle cose. Schizzi sparsi di Hokusai (Denshin kaishu. Hokusai manga) Honolulu Museum of Art |
5. I Manga: Hokusai insegna
La quinta e ultima sezione è infine dedicata ai quindici volumi di Manga realizzati da Hokusai. Peccato solo che questa parte sia molto ridimensionata, quasi marginale rispetto alla altre perché, a mio avviso, merita davvero.
Non mi dilungo oltre, ma vi assicuro che la mostra ripaga ben oltre ogni aspettativa il prezzo del biglietto pagato. Gradita sorpresa è stata anche scoprire che nei 12 € è compresa anche l’audioguida, uno strumento davvero utile per accompagnare il visitatore lungo il percorso. Purtroppo gli approfondimenti sono una minima parte delle opere esposte e quindi il mio consiglio è di arrivare un po’ preparati per gustarsi al meglio la mostra. Lascio di seguito qualche altra xilografie con relative informazioni sperando di farvi venire l’acquolina in bocca e convincervi ad andare a Milano entro il 29 gennaio 2017, data di chiusura della mostra.
Katsushika Hokusai – Il santuario Honganji di Asakusa a Edo dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji (1830-1832 circa) Silografia policroma, 24,7 x 36,5 cm – Honolulu Museum of Art |
Utagawa Hiroshige – Aronia e Ciuffolotto (1832 circa) Silografia policroma, 36,3 x 17 cm – Honolulu Museum of Art |
Kitagawa Utamaro – Makiginu dalla serie Illustrazione di cortigiane e otto vedute di locande (1790 circa) Silografia policroma, 31,8 x 22,6 cm – Honolulu Museum of Art |
«Tokyoites» di Eolo Perfido
“La mia prima volta a Tokyo, da ragazzo, fu un viaggio senza macchina fotografica. Me ne innamorai. In bilico tra passato e futuro, tradizione e innovazione, Tokyo, da quella prima volta è sempre stata al centro delle mie curiosità intellettuali. Credo che la mia attrazione per il Giappone sottenda in parte alle classiche leggi degli opposti che si attraggono, ed in parte alle meravigliose contaminazioni mediatiche che hanno caratterizzato la mia vita, ed in seguito la mia professione, a partire dagli anni 80 in poi.” (Eolo Perfido)
Il programma della giornata a Milano non prevedeva la sola mostra di xilografie, ma avevo già in mente di recarmi allo Leica Store di via Mengoni 4 per ammirare gli scatti dei Tokyoites – come gli stranieri chiamano gli abitanti di Tokyo – di Eolo Perfido.
Street photographer e dal 2014 Leica Ambassador, lavora come fotografo da più di 15 anni. Ha uno studio fotografico a Roma dove si occupiamo di fotografia pubblicitaria, ritratto, fine art, progetti editoriali e formazione. È rappresentato internazionalmente dall’Agenzia fotografica di Milano Sudest57.
A Tokyo convivono persone, stili di vita, quartieri così diversi e in contrasto tra loro che diventa subito chiaro che non si tratta di una sola città, ma di tante piccole città diverse, in continuo movimento, in continua mutazione. L’occhio del gaijin (外人 parola giapponese che significa “persona esterna al Giappone”) aiuta però a riconoscere dei tratti talmente comuni a gran parte dei Tokyoites che il loro manifestarsi nei luoghi pubblici sono diventati lo spunto intorno al quale il fotografo ha costruito il suo lavoro di fotografia di strada. I Tokyoites sono capaci di isolarsi contro una parete per rispondere ad un messaggio o consultare una mappa, riescono a definire una convezione quasi materica di spazio personale. Il contrasto tra un’altissima densità di popolazione e l’isolamento di ogni singolo individuo è palpabile. In una città come Tokyo quello che potrebbe sembrare un limite, diventa spesso una virtù, necessaria alla civile sopravvivenza. Non solo imposizione culturale ma adattamento che permette la convivenza armonica di oltre 16 milioni di persone. Senza sosta i cittadini si spostano per le strade e le stazioni, ordinati e silenziosi, sincronizzati come in una danza, evitando di scontrarsi e di darsi disturbo nel contatto.
“Eppure nei miei ripetuti viaggi a Tokyo mi sono accorto di aver osservato una solitudine diversa, mai urlata, ma nascosta con pudore e che sembra assumere la connotazione di un delicato sentimento. Ogni mia fotografia di strada nasce con l’ambizione di vivere di vita propria. Le storie o le astrazioni suggerite da quello che rimane intrappolato nell’inquadratura non aspirano ad influenzare il fotogramma successivo. Ma quando ho riguardato le fotografie realizzate in questi anni non mi sono più sembrate tante piccole storie ma un racconto che non avevo cercato e che ora si manifestava accompagnato da moltissimi ricordi. Di giorni passati con la mia fotocamera al collo tra migliaia di persone che, come in uno dei grandi attraversamenti pedonali di Tokyo, si sfioravano immerse nella solitudine dei loro confini personali.” (Eolo Perfido)
Ahimè l’esposizione era visibile fino al 5 novembre scorso quindi, per chi se la fosse persa, il portfolio di street photography di Eolo è online su http://www.walkingphotographer.net.
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