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Da zero a cinque anni, in montagna con i più piccoli

Foto Andi Graf – pixabay.com

Nel numero di maggio 2021 di Montagne360, la rivista del Club alpino italiano, era stato pubblicato uno speciale dedicato ai genitori dei bambini più piccoli, perché vivere la natura coi propri figli significa vivere e offrire loro importanti esperienze di condivisione e realizzazione.
Per chi come me ama la montagna e ha il desiderio di trasmettere questo sentimento ai propri figli comprenderà bene che i temi affrontati era attuali già allora e lo sono ancor di più ai nostri giorni, per cui ho pensato di salvarmi qui sul blog alcuni passaggi di particolare interesse, invitando chiunque, leggendo questo pezzo, abbia voglia di approfondire l’argomento a recuperare l’intero focus direttamente sulla rivista del Cai.
Che dire: buona lettura!

FAMIGLIE OUTDOOR
(di Luca Calzoni)
La natura ha un valore educante che nessun libro e nessun racconto potranno eguagliare. Per quanto ci si possa impegnare, noi, madri e padri di giovani cuccioli umani, non saremo mai in grado di trasmettere le emozioni che solo l’esperienza diretta è in grado di generare. I bambini, lo sappiamo, sono curiosi. Sono come carta assorbente. E toccare con le mani e con lo sguardo i segni del cambiamento, le forme e i colori, il passaggio delle stagioni o gli animali che fino a un momento prima identificavano solo in certe illustrazioni, be’, tutto questo li accompagna in uno straordinario percorso di scoperta e apprendimento. Ai genitori spetta però un ruolo fondamentale: quello della scelta. Spetta a noi, mamme e papà, vincendo anche piccole pigrizie e piccole fatiche organizzative, decidere se offrire ai nostri figli la scoperta della natura, con tutte le sue implicazioni. Lo sappiamo, lì, nei boschi o lungo i sentieri, l’aria è più salubre (una questione che, soprattutto in tempi di pandemia, ora è chiara ai più). Ma c’è molto di più. Vivere la natura coi propri figli significa vivere e offrire loro esperienze di condivisione e relazione. Significa educare alla vita, al gioco libero, allo spazio aperto, alla fantasia, al movimento e all’avventura responsabile […] senza scordare che i protagonisti sono loro, i bambini, che come ha scritto il Presidente della Commissione centrale medica del Cai Franco Finelli, sono «un libro aperto dove ancora c’è tanto da raccontare». E cosa c’è di meglio se sfogliarlo insieme a loro immersi nella natura.

Il contatto con la natura è uno stimolo importante per la crescita equilibrata dei bambini. Insegna loro la complessità dell’ambiente che li circonda, aiuta l’apprendimento e fa nascere l’idea di prendersi cura dell’altro.

PICCOLI ESPLORATORI
(a cura della Commissione centrale medica Cai – Gruppo di lavoro Bambini e Montagna)
L’età da zero a cinque anni dei bambini è un universo per accompagnatori di alpinismo giovanile, mamme e papà, un libro aperto dove c’è ancora tanto da raccontare, un’esperienza da condividere, un patrimonio da far crescere.
È fondamentale il rapporto dei bambini con la natura, le sue manifestazioni e i suoi tempi, fin dai primissimi anni di vita. Attraverso il contatto con la natura il bambino in un periodo critico dello sviluppo subisce un “imprinting”: una forma di apprendimento precoce, in tenera età.
Già da anni il Club alpino italiano ha rivolto l’attenzione ai bambini di questa fascia di età e ai loro genitori con la pratica dei “gruppi Family” per aprire ai giovanissimi il magico mondo delle nostre montagne.

I tempi della crescita
Numerose e tutt’altro che scontate sono le cose da sapere, dai primi passi alla scelta degli itinerari, dalla partecipazione delle famiglie alle cose da portare, dagli imprevisti durante le uscite alle incognite della meteorologia. Le famiglie che hanno la voglia di trascorre la domenica in compagnia all’aria aperta, scambiando esperienze ed emozioni, camminando o pedalando nella natura, possono considerarsi famiglie “in gamba”.
I ritmi, le mete, i tempi, devono essere a misura di bimbi e genitori ed è importante, nel percorso, una base logistica sicura, come un rifugio o un riparo. Meglio evitare le levatacce e i lunghi spostamenti in auto. Privilegiare il ritmo della lentezza: quattro passi avanti e due indietro.
Con lo spirito ludico e di avventura si avvicinano i bimbi alla montagna, alla natura da osservare, conoscere e rispettare; le fiabe sugli animaletti del bosco o le filastrocche li accompagnano e li aiutano nei momenti difficili.
I bambini vivono prima di tutto attraverso i senti e va notato come vi sia una corrispondenza tra i tempi della natura e quelli della crescita: i primi apprendimenti passano attraverso i sensi e l’ambiente naturale è ricco di sensazioni, percezioni ed esperienze; il bambino ha bisogno di annusare, afferrare, stringere, toccare, muoversi, correre ed esplorare ed è attraverso queste esperienze concrete che avviene l’apprendimento. L’ambiente naturale diviene così la fonte principale della stimolazione sensoriale e quindi la libertà di esplorare e giocare attraverso i sensi è essenziale per un sano sviluppo.

La montagna e i suoi stimoli
Nel contatto con la natura il bambino è occupato in attività che uniscono mente e muscoli, pensiero e azione, intelletto e mano: l’attività motoria e l’esperienza tattile sono fondamentali all’armonico sviluppo della psiche e dell’intelletto (e viceversa); l’ambiente di montagna è uno degli ambienti ideali per stimolare questa reciproca influenza e dove svolgere attività in cui c’è spazio per la creatività individuale e per le iniziative in comune.
L’ambiente naturale ha quindi una notevole influenza positiva non solo sulla crescita cognitiva dei bambini, ma anche emotiva, migliorando notevolmente la capacità di concentrazione, favorendo il gioco creativo, facilitando l’accesso dei bambini a un’interazione positiva con gli adulti, e diventando collegamento tra il mondo esterno e il proprio mondo interno.
Per i bambini la passeggiata deve essere un gioco, non bisogna forzare le loro possibilità e nemmeno quelle dei genitori che in spalla si trovano “uno zaino un po’ irrequieto”, con orsetti, macchinine al seguito e anche pappe, biberon, pannolini e fornellino a gas.
L’andare per i monti per un bambino significa conoscere attraverso la propria naturale curiosità un ambiente ricco di stimoli che imparerà a comprendere a fondo grazie all’aiuto e sotto la guida dell’adulto che lo accompagna.
Attraverso il gioco associato all’esperienza, l’adulto porterà il bambino a vivere momento di divertimento che rimarranno impressi per sempre nella sua mente: sentendosi in sintonia con l’ambiente alpino imparerà così a sentirsi in sintonia con la natura.
A 5 anni il bambino può già essere introdotto all’escursionismo dei genitori, occorre però procedere per gradi e con giudizio per evitare un possibile rifiuto. Bisogna anticipare al bambino quelli che sono i motivi di interesse della gita perché sia ben motivato ad affrontare l’esperienza. Per questo importante che prenda confidenza con l’ambiente prima di questa età, perché la viva come un ambiente familiare, attrattivo, ricco di piccoli misteri da rispettare e da scoprire.

Una fatica che vale la pena
Durante il percorso sarà attratto dai giochi d’acqua e finirà sempre per mettere i piedi in una pozzanghera, si fermerà ad ogni occasione (per prendere un sassolino, raccogliere un rametto, ecc.), e deve essere lasciato libero di fare, senza essere ossessionato del tempo di cui non ha percezione.
Difficilmente il bambino si stanca, piuttosto si annoia se il camminare comporta un esercizio troppo ripetitivo e chiederà di essere preso in braccio, incomincerà a fare “i capricci” e dirà di avere fame e sete. Sarà inutile costringerlo a camminare; è meglio fermarsi e dargli qualcosa da mangiare o da bere e distrarlo un po’. Giunti alla meta, il bambino non starà certo fermo a riposarsi, la novità del posto e la curiosità della scoperta lo ricaricheranno, per cui occorre programmare un nuovo gioco. È a questo punto importate la gratificazione con i complimenti per la passeggiata fatta, ma è anche giusto renderlo partecipe del fatto che camminare in montagna comporta fatica e sudore, ma che, alla fine, ne vale la pena.
Un rapporto di qualità con la terra, permette al bambino non solo di crescere in buona salute, ma anche di sentirsi responsabilizzato a proteggere la natura, di imparare a prendersi cura di qualcosa o qualcuno al di fuori di sé.

I benefici per la salute
I bambini, anche molto piccoli, purché in buona salute, possono andare in montagna e risiedere anche per lunghi periodi alle quote abitualmente abitate sulle Alpi, tra i 1500 e i 2000 metri.
L’organismo dei bambini in età neonatale e nella primissima infanzia presenta delle caratteristiche di immaturità e di incompleto sviluppo che possono determinare delle modalità di adattamento all’ambiente diverse da quelle degli adulti, e l’esposizione ad un ambiente ipossico costituisce un evento stressante soprattutto se è di breve durata (evitare sempre di esporre i bambini piccoli a forti dislivelli con mezzi meccanici tipo funivia e automobile).
In montagna aumentano di intensità anche le radiazioni solari, quindi è sempre bene stare attenti ai colpi di sole e di calore e proteggere occhi e pelle. Il bambino ha un’immaturità dei meccanismi di adattamento e di difesa, quindi, in montagna, l’esposizione alle basse temperature è elevata, con rischio a malattie da raffreddamento, congelamenti e perfino assideramento.
Questo accade perché i bambini hanno meno grasso corporeo sottocutaneo, il che riduce la possibilità di isolamento dall’ambiente esterno, hanno scarse riserve energetiche, una ridotta tagli corporea e un elevato rapporto superficie corporea/peso, tutte circostanze che portano ad elevata perdita di calore: quindi attenzione agli indumenti, copriamo bene il capo in quanto la dispersione di calore della testa è elevata. Facciamo attenzione anche a quando trasportiamo bambini piccoli in spalla, immobili nello zaino, perché difficilmente possono proteggersi dal caldo o dal freddo. I rapidi cambiamenti di quota o di pressione possono facilmente indurre otalgia o favorire insorgenza di otite. Se si sale o si scende in auto con bambini molto piccoli è consigliato farli succhiare ogni 300-500 m di dislivello.
La diagnosi di mal di montagna del bambino in quota si manifesta con presenza di cefalea e con uno di questi sintomi: disturbi gastrointestinali, astenia, vertigini e difficoltà a dormire. Nel caso della presenza di questi sintomi scendere di quota.
Nella primissima infanzia il problema è costituito dal fatto che il bambino è incapace di esprime il proprio malessere se non con il pianto e, quindi, devono essere i genitori e gli accompagnatori a riconoscere la presenza di un disagio e a muoversi di conseguenza.

Condividere la natura con i propri figli è una tra le esperienze che li aiuta a crescere. Mentre i bambini scoprono e si divertono, vediamo come rendere meno faticose le giornate in montagna per mamma e papà.

VIVERE LA MONTAGNA CON I PIÙ PICCOLI
(di Marco Tonelli)
«Quando si parte per un’escursione in montagna con un bambino molto piccolo bisogna lasciare da parte l’improvvisazione. Di base valgono un po’ le regole standard per tutti: definire prima l’itinerario di viaggio; controllare il meteo (anche se la montagna in realtà è spesso imprevedibile), e soprattutto portare l’attrezzatura giusta. È bene prepararsi per ogni esigenza scegliendo l’attrezzatura tecnica da montagna che risulti confortevole da un lato e sicura – per quanto possibile – dall’altro», spiega a Montagne360 Teresa Dellera, mamma blogger, madre di due figlie e amante della montagna. Teresa condivide la sua passione sul blog Babytrekking.it.
Perché la vita all’aria aperta è una fonte inesauribile di scoperte, per i bambini, ma può anche risultare parecchio impegnativa per chi deve organizzare, trasportare, gestire e vigilare. Le Terre alte sono un’esperienza straordinaria ma, per rendere piacevole la gita ai bambini e non renderla troppo gravosa agli adulti, la parola d’ordine è praticità.

All’inizio della vita
I passeggini sono “l’isola di protezione” per i neonati, sono la culla entro la quale i piccolissimi si trovano immersi nella natura. Ma spingerli può essere faticoso, soprattutto se il terreno è particolarmente dissestato. Il primo suggerimento, allora, è quello di dotarsi di un passeggino con ruote “all terrain”, realizzate in modo da poter affrontare ogni tipo di terreno, da quelli innevati a quelli sabbiosi. Allo stesso tempo, il passeggino è fondamentale anche per quanto riguarda la protezione dei bambini dai raggi UV. «Alcune caratteristiche chiave che teniamo sempre a mente sono: manovrabilità del passeggino e possibilità di utilizzarlo su diversi terreni. Infine, facilità di trasporto e leggerezza», spiega Sara Berggren, dell’azienda svedese Thule. Per quanto riguarda il confort e la sicurezza, l’azienda svedese si è dotata anche di un test center che sottopone i passeggini ai terreni più estremi e difficoltosi.

Dai sei mesi in su
Quando il passeggino non è più utilizzabile, significa che è giunto il momento di procurarsi uno zaino, se vogliamo evitare di portare sulle spalle i pargoli per pomeriggi interi. Lo zaino portabimbi è un prodotto che si utilizza per un periodo abbastanza breve della vita del bambino: da 6 mesi ad almeno 3 anni. In particolare, lo zaino deve essere dotato di un sistema che permetta alla struttura di stare in piedi da sola. Questo aiuta a non fare troppa pressione sulle spalle e sulla schiena e allo stesso tempo consente di sfilare lo zaino senza dover estrarre il bambino. Importante è che, una volta appoggiato a terra, si dotato di una struttura che permetta allo zaino di non cadere, trascinando il piccolo a terra.
Come i passeggini, per essere adatto alle escursioni e ai soggiorni prolungati all’aperto, deve essere fornito di capote per proteggere dalla pioggia e dai raggi del sole. Secondo Florian Schmidt, dell’azienda tedesca Vaude, la caratteristica fondamentale di uno zaino portabimbi è la possibilità di regolare le dimensioni, in base all’altezza e al perso del piccolo trasporto. Di adattarlo, in pratica, alle diverse corporature. «Bambini felice, escursione felice», puntualizza Schmidt.

Un mercato in crescita
Anche se si avvicina la stagione calda, è sempre utile indossare capi di abbigliamento traspiranti e impermeabili, in grado di proteggere i bambini dalle “freddate” che, a causa dello sforzo fisico e delle escursioni termiche, sono sempre possibili. Per questo, bisogna scegliere magliette, pantaloni, maglioni che favoriscano la traspirazione durante una camminata, e che possano fronteggiare acquazzoni improvvisi o sbalzi di temperatura. Non bisogna, quindi, dimenticare a casa un pile, sempre utile se la temperatura scende, o la classica giacca impermeabile, che in caso di pioggia improvvisa può salvare la giornata. E sicuramente qualcosa per proteggere la testa.
Per quanto riguarda le nuove tecnologie applicate a questo segmento, lo sforzo è quello di aumentare la durata dei capi, per impattare meno sia sull’economia delle famiglie sia sull’ambiente. Salewa, per esempio, ha messo a punto una linea che si “allarga” fino a una misura in più, e che quindi dura più a lungo. «Ma il maggior beneficio di questo sistema è l’ambiente: capi che possono essere utilizzati più a lungo riducono l’impatto dell’industria tessile», dice Giulia Gamba di Salewa.
Si tratta insomma di un mercato in continua crescita, che catalizza l’attenzione dei consumatori. «Lo confermo, la risposta del mercato in questi anni è stata positiva. Parlando di numeri, stimiamo che la percentuale che riguarda l’abbigliamento dei bambini si aggiri approssimativamente intorno al 10-15% del totale», spiega Dario Palmirotta, che si occupa di marketing di Rock Experience.

Le prime camminate
Ma quando iniziano a camminare da soli, per muoversi senza inconvenienti, i piccoli escursionisti hanno bisogno di stabilità e sostegno. Particolare attenzione va quindi rivolta alle scarpe, che sono un accessorio importante quando si pianificano giornate all’aria aperta. Il primo aspetto, la stabilità, è garantito dalla presenza di rigidità nella suola. Allo stesso tempo, la tomaia alta, che copre la caviglia, fornirà la giusta persa, esattamente come succede per le scarpe degli adulti. E anche in questo caso non va dimenticata l’impermeabilità dei tessuti, fondamentale per tenere asciutti i piccoli piedi negli scarponi.
Come già sottolineato per l’abbigliamento, anche l’industria della scarpa da montagna ha un costo per l’ambiente ed è cresciuta, nel tempo, la sensibilità ai temi legati alla ecosostenibilità delle calzature, fino ad arrivare a prodotti realizzati con materiali al 100% biodegradabili. È il caso di Scarpa, che ha redatto un “manifesto green” per ribadire la propria intenzione di scommettere sulla sostenibilità: cioè realizzare scarpe e scarponi fatti per durare nel tempo.

La meraviglia delle piccole cose
Concludendo la nostra breve carrellata sulla dotazione necessaria per affrontare la montagna con i bambini più piccoli, riprendiamo il file di un discorso che avevamo già affrontato tempo fa (M360, Novembre 2019, “Tecnici e sostenibili”), quando avevamo scelto di capire come le aziende produttrici, nell’ambito dell’abbigliamento e delle calzature per la montagna, stavano gestendo la sfida della sostenibilità, producendo capi tecnici rispettosi dell’ambiente e del futuro del pianta.
E dopo le attrezzature, l’abbigliamento e le calzature, sul fronte materiali naturali – in questo caso il cotone -, anche i calzini possono avere la loro importanza. «Si tratta di un materiale leggere e traspirante, ma non solo. Il cotone è in grado di adattarsi meglio all’epidermide del bambino, rispetta la specificità della sue pelle. Allo stesso tempo deve essere privo di manipolazioni, senza impiego di coloranti», spiega Elisabetta Montagni di GM Sport.
«La montagna è davvero un grande parco giochi a cielo aperto per bambini di tutte le età. Stare in mezzo alla natura è per loro fonte di ispirazione continua e occasione per dare libero sfogo alla fantasia. E anche per noi adulti, molto spesso concentrati solo sulla meta da raggiungere, grazie ai bambini impariamo a rallentare e a goderci il sentire, ad apprezzare i dettagli della natura e la meraviglia delle piccole cose», conclude la blogger Teresa Dellera.

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