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Giappone 2014 #1: Viaggio & Kyōto

« Le coincidenze a volte sono i segnali misteriosi della vita ai quali bisogna credere. » Sì, una coincidenza… Le parole di Romano Battaglia sembravano scritte apposta per me. Perché erano già passati cinque anni da quel primo viaggio, cinque anni di cambiamenti, di maturazione, di avventure, di delusioni, di nuove scoperte, di sconfitte, di nuove passioni, ma una certezza mi era rimasta nel cuore. Il ricordo di quel dolce contrasto che mi aveva pervaso la mente, tutto quel continuo oscillare fra modernità estrema e tranquillità rurale, quel misto fra grattacieli e templi antichi, fra risaie e mare, fra laghi e montagne, tra innovazione e tradizioni, mi stavano ancora chiamando. Forte, prepotente, da starci quasi male. Sì, una coincidenza… Quelle poche parole di Giovanni, quel suo semplice invito a fargli visita per la fioritura dei ciliegi. No, non potevo certo sottrarmi; la valigia era pronta, la meta era di nuovo quella, e nella testa lo stesso pensiero di cinque anni prima: “ Giapp
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✍️ Perché devi spazzolare la roccia!

Con piacere ho letto e riporto di seguito un appello apparso su Preferisco Ghisarmi , la newsletter dei Brocchi Sui Blocchi , che (come si descrivono) ogni due settimane raccoglie qualche argomento da loro scelto, degli aggiornamenti mezzi interessanti e dei consigli più o meno utili dal mondo dell'arrampicata. Buona lettura e mi raccomando: mettiamola in pratica! L’arrampicata sta crescendo tantissimo, soprattutto indoor, questo si tramuta in tantissimi arrampicatori armati di magnesite liquida, che non conoscono l’utilizzo dello spazzolino. Una pratica che, se in palestra risulta antipatica, in natura è inaccettabile. Non si può neanche fargliene una colpa, l’arrampicata è uno sport basato sul passaparola, se nessuno ti insegna l’importanza di una cosa semplicemente non la farai. Quindi abbiamo deciso di scrivere due cose sullo spazzolare. Perché spazzolare? Quando la magnesite si accumula, la roccia perde aderenza: la polvere di gesso si deposita nei buchi della presa

I canéderli – di Marcello Voltolini

I canéderli, sono una delle ricette più conosciute ed apprezzate della cucina tradizionale trentina. Come molti altri piatti della tradizione contadina, sono nati allo scopo d'utilizzare materie prime che altrimenti avrebbero rischiato d'andare sprecate, come ad esempio il pane preparato da più giorni, al quale si aggiungevano altri ingredienti come la luganega o lo speck, i formaggi e le verdure. Forse non tutti però sanno che questo piatto da anche il nome ad una canzone diffusa in tutto il Trentino e conosciuta anche nelle regioni limitrofe. Il testo, in dialetto, nella prima parte presenta la ricetta per la preparazione dei canéderli ed elenca gli ingredienti necessari. Nella seconda parte diventa poi un inno al cibo in generale (vengono citati altri alimenti e piatti tradizionali come le "lugàneghe", lo "smacafàm", la polenta con i "fìnferli" e la "mòsa" con il latte) e alla bella Val dei Mòcheni, una valle laterale della Valsugana,

Il Pino Mugo

Per chi cammina in montagna il pino mugo ( Pinus mugo ) non è certo uno sconosciuto, non fosse altro perché in estate, sui sentieri attorno ad esso, il caldo diventa opprimente. Durante le passeggiate sulle Alpi è quindi facile incontrate questa pianta in quanto cresce su terra acida da circa 1.600 m fino a 2.600 m di quota. Predilige suoli detritici parzialmente consolidati, ad esempio alla base di ghiaioni o di conoidi di deiezione, dove i suoi rami forniscono un’utile protezione contro valanghe e slavine, frenando anche lo scivolamento delle masse nevose sui fianchi più inclinati delle valli. La pianta quindi d’inverno è esposta a tanta neve e temperature aspre, d’estate invece tanto sole e temperature alte. Il pino mugo, o semplicemente mugo, amante della luce e del freddo, è simile a un cespuglio e può diventare alto fino a 3 metri. I suoi rami elastici e ricurvi si adagiano al suolo, resistendo a qualsiasi tipo di tormenta di neve. Il legno è duro ed emana un gradevole odore di

Ragionare coi piedi – di Erri De Luca

Ragionare coi piedi: ho imparato a scuola questa espressione di scherno rivolta agli scolari. Non ho avuto obiezioni alla formula finché non ho cominciato a salire in montagna. Nelle salite come nelle discese ho imparato a ragionare coi piedi. Appoggiarli sul ripido senza farli slittare. Misurare l’ampiezza della falcata secondo la pendenza. Guardare i punti di appoggio per i piedi prima di effettuare il passaggio con le dita sulla parete. Lo scalatore sa che vengono prima i piedi delle mani. Il loro appoggio trovato decide il successivo movimento del corpo. Si usa l’espressione: intelligenza motoria. In una scalata sta nei pochi centimetri delle dita dei piedi che dettano il passaggio da eseguire. Il primo traguardo dell’infanzia non è il balbettio di qualche sillaba, ma la statura eretta. L’abilità di reggersi staccando le mani da terra sta nei pochi centimetri del piede. La scoperta dell’equilibrio è il primo entusiasmo. Ci ho messo mezza vita a capire che i piedi ragionano, con un

Nella vita è più saggio avere un atteggiamento zen

In questi giorni, mentre facevo un po’ di ordine negli appunti, sono ritornato su un articolo pubblicato su Internazionale ancora a dicembre 2019, a traduzione di Bruna Tortorella , scritto nella sua versione originale da Oliver Burkeman per il quotidiano britannico The Guardian con titolo You can’t fix everything, so start by accepting life’s niggles . “Stile di vita zen”, “giardino zen”, “filosofia zen”, “meditazione zen”, “proverbio zen”, “atteggiamento zen”: al giorno d’oggi questo termine è riscontrabile in circostanze molto diverse tra loro, con accezioni non sempre del tutto chiare e quest’etichetta viene applicata quasi indistintamente ad ogni ambito della vita e del sapere. Ma cosa vuol dire con esattezza  zen ? Non tutti però sanno che la parola zen è conosciuta in Occidente con la pronuncia giapponese, ma la versione originale, cinese, è 禅 ( chán ), corrispettivo del termine sanscrito dhyāna traducibile come “ visione ”, e in seconda battuta come “ meditazione ” intesa c

Neve lontana, neve che non c'è più. Una passeggiata silenziosa tra le opere di Utagawa Hiroshige

Montagna e Giappone. Queste sono le due passioni che mi accompagnano da anni, in quest’ordine oppure invertite, con alti e bassi, in modo esclusivo o in concomitanza, con la capacità di cannibalizzare ogni altra cosa che sto facendo salvo poi ravvedermi e relegarle in un angolo quasi fossero per un po’ in castigo. Eppure nel tempo non le avevo quasi mai pensate a stretto contatto fra loro, sovrapposte, complementari, benché a pensarci bene il Giappone è un’isola che per la maggior parte del suo territorio è di tipo montuoso. Ma come diceva Romano Battaglia, « le coincidenze a volte sono i segnali misteriosi della vita ai quali bisogna credere », di recente mi sono imbattuto in un bell’articolo scritto da Silvio Lacasella su L’Altra Montagna , un blog che raccoglie rubriche, storie, curiosità dalle menti di montagna, che prende spunto dalle opere dell’artista giapponese Utagawa Hiroshige , che sanno offrire atmosfere lontane nello spazio, ma soprattutto nel tempo, per parlare di un ele

I manga hanno conquistato il mercato editoriale

Il 15 giugno 2022 è uscito un bellissimo articolo firmato da  Vanni Santoni  dal titolo  I manga hanno conquistato il mercato editoriale , che ben descrive lo straordinario successo che i fumetti giapponesi stanno vivendo da più anni a questa parte: hanno invaso le classifiche della narrativa straniera e sono decenni che influenzano il gusto di un pubblico sempre più vasto nonché lo stile dei più importanti fumettisti italiani. Da lettore e appassionato del genere non ho potuto condividere quanto scritto: sempre più giovani e meno giovani aprono gli occhi su temi particolarmente d’attualità che il manga esplora da decenni, con dovizia di autori e personaggi (il che spiega molto del successo planetario), come le questioni di genere, la memoria storica e l’inclusività culturale, i percorsi di scienza e fantascienza, lo storytelling dall’universale al particolare, lo stile e la moda, il design urbano. Che dire, non mi dilungo oltre e vi lascio qui di seguito l'articolo. Per i commenti